MUSEO DELLE CAVE
SANTUARIO
SANTO PADRE DELLE PERRIERE
Il museo delle cave nasce dalla passione e dalla volontà di Padre Vincenzo Greco di far crescere e conoscere il Santuario di Santo Padre delle Perriere in C/da Santo Padre delle Perriere a Marsala, realizzando un museo che conservasse la memoria del duro lavoro e dei macchinari utilizzati nelle cave per l’estrazione del tufo, di cui lo stesso Santuario è testimonianza monumentale. Infatti, il simulacro di San Francesco di Paola si trova all’interno di una cava, e tutta la zona circostante al santuario stesso è un insieme di cave “a pilere” e a cielo aperto.
Nel museo si conservano le attrezzature che hanno permesso lo sfruttamento delle cave del territorio marsalese per produrre i conci di tufo, materiale che nella realizzazione degli edifici sin dai tempi più antichi e fino a poco tempo fa era l'unico con cui venivano edificate le abitazioni o i magazzini.
Oggi il tufo è stato in gran parte sostituito nell’edilizia da altri manufatti, ma data la facilità con cui si lavora, si propone come materia prima per elementi decorativi e viene utilizzato da alcune aziende per produrre oggetti d'arredamento.
Il museo offre al visitatore già nella discesa nel sottosuolo particolari emozioni, particolarmente per chi ha vissuto l’era delle cave a pilere, l'odore del tufo, la luce soffusa e l’ambiente umido fanno si che vengono rievocate, le fatiche di chi in queste cave ha lavorato e i ricordi per chi non è più uscito alla luce.
La conoscenza dei resti di una prima forma di industrializzazione si deve identificare come elemento che permetta la ricostruzione della fisionomia del territorio, dei suoi edifici, della storia e della cultura.
Gli oggetti, esposti nel museo, sono presentati dai primi attrezzi manuali alle macchine elettriche da taglio, seguendo una sequenza di utilizzo temporale e per finire con la sezione dedicata alle dimensioni di taglio e forme dei conci di tufo.
Il pensiero di Padre Vincenzo Greco s’intreccia con quello di Padre Nazareno Gulino, quando si collega la storia religiosa del Santuario, che affonda le radici nella metà del diciannovesimo secolo, con la cultura e la storia, degli uomini cha hanno vissuto in quella terra e contrassegnata fortemente dal lavoro dei “cantunara”, tra questi ultimi la fede e il lavoro trovano proprio nelle “perriere” del marsalese un connubio tutto da approfondire.
Dalla volontà di Padre Nazareno nasce, nelle cave sottostanti il Santuario, un suggestivo presepe dalle strutture intagliate nel tufo, che è perennemente mantenuto.
Si ringraziano gli Amici e le Amiche di San Francesco di Paola che con il loro lavoro hanno, di fatto, costruito il Museo e il Presepe e tutti quelli che hanno donato le attrezzature, regalando al Santuario un luogo unico che conserva una memoria storica importantissima che tra non molto sarebbe andata definitivamente perduta.
Le visite al Santuario e al museo delle cave, spero che servano a rivisitare la memoria del nostro popolo, della nostra gente, per ricavarne un impegno sempre più coerente e deciso per la costruzione della città degli uomini “moderni” e a rivalutarne le ricchezze di cui oggi usufruiamo tutti.
Francesco Giacalone
Webmaster Sito
DIDADASCALIA DELLE IMMAGINI
Zappa e piccone ( zappa e pico)
Utensili comuni anche in altri mestieri, nelle cave ( perriere) servivano a rimuovere lo strato superficiale di terra ed a mettere in evidenza ( scummigghiare) la calcarenite. Il primo strato molto duro e compatto (scorcione) si presentava particolarmente ostico. Per tali ragioni si preferì per tanto tempo scavare gallerie sotterranee dove era possibile trovare strati più morbidi di tufo.
Quartara e bummulo
Fin dai tempi più antichi questi due oggetti venivano utilizzati per conservare l'acqua e trasportarla fino ai luoghi di lavoro. Anche nelle perriere la quartara ed il bummulo costituivano strumenti indispensabili per mantenere l'acqua fresca per un'intera gioranata.
Accetta taglia pietra ( mannara e mannarune )
Fin dai tempi più lontani la "mannara" è stata l'utensile più importante nella cava, serviva tagliare ( 'ntaccare ) le pareti tufacee secondo la grandezza del concio di tufo. I tufi ottenuti erano estremamente irregolari e quindi venivano rifilati con la stessa mannara appena fuori dalla cava.
Zappa a punta stretta ( zappune )
Cuneo ( cugno )
Questo utensile svolgeva la funzione di staccare ( ascippare) i conci già tagliati dalla "mannara". Funzionava come una leva posta alla base del concio. Lo zappune si utilizzava anche come martellone (mazza) per battere sul tufo più duro. Si continua ad utilizzare ancora oggi nelle cave.
Il cugno svolgeva la stessa funzione dello zappune, nel caso in cui era necessario esercitare una spinta ancora più forte alla base del concio da " ascippare". Sul "cugno" si batteva direttamente con lo "zappune" o con un matello pesante detto "mazza". Oggi il "cugno" si continua ad utilizzare per la "chiavatura", cioè per dare inizio al lavoro della sega per tufo a disco orizzontale "estirpatrice".
Fanale
Nelle cave a galleria dette a "pilere", dove la luce del sole filtrava solo dai pozzi d'estrazione, per il lavoro si utilizzava il comune fanale a petrolio e anche candele di cera.
Cesta ( coffa )
Comune anche nel lavoro in campagna, si utilizzava come recipiente per estrarre dalla cava la sabbia e tutto il materiale di risulta dell'estrazione. Veniva issata dalla carrucola di legno "manganeddo" con un'apposita corda attraverso i pozzi d'estrazione.
Carrucola di legno ( manganeddo o tiro )
Carrucola di ferro ( manganeddo o tiro )
Serviva per tirare fuori dalla cava i conci di tufo senza fare fatica eccessiva. Era posizionata sopra i pozzi d'estrazione. La corda con il gancio si utilizzava per imbracare ( incucciare) i tufi. Questo lavoro veniva spesso svolto dai ragazzi che andavano ad aiutare nella cava. E' stata in uso fin negli anni 50.
Sega a braccio snodabile ( macchina a pilere )
Il moto di lavoro, di tipo circolare, posseduto da una ruota utensile, viene trasmesso da un motore elettrico ad un albero motore orizzontale da un sistema di pulegge e cinghie e, successivamente, trasportato da orizzontale in verticale da un accoppiamento conico. L'albero rotante, che monta la ruota utensile, ha la possibilità di ruotare di 90°. Questo disco permette di scavare le gallerie. Il moto di lavoro in avanzamento, permesso da un apposito motore elettrico, permette alla macchina di procedere lungo due guide disposte nella direzione di scavo. Il moto di sollevamento, permesso dal terzo ed ultimo motore elettrico, permette di traslare la macchina in verticale, garantendo, così, dimensioni di scavo ragguardevoli. Questa macchina venne utilizzata fino agli anni '60 epoca in cui si iniziarono a preferire la cave a cielo aperto.
Rifilatrice per tufi ( sbarratrice )
La macchina serviva per rifilare i conci di tufo appena estratti dalla cava, pulendo i lati del concio che erano irregolari a causa dell'utilizzo della "mannara". Due ruote utensili vengono portate in rotazione in maniera sincrona da un albero motore a due estremità ognuna delle quali distribuisce il moto agli utensili rotanti attraverso un sistema di catene. Il moto viene conferito all'albero primario da un motore elettrico opportunamente alloggiato. Il tufo da "sbarrare" veniva sistemeto su una base prismatica mentre, su due binari, appositamente disposti, viene trascinata la macchina che rifilava i conci di tufo. In uso fino agli anni '50.
Carrelli per il trasporto del tufo
All'interno della cava a "pilere" i "cantuna" venivano trasportati con appositi carrelli fino ai pozzi di estrazione, dove venivano imbracati e sollevati. Detti carrelli vennero utilizzati anche nella cave a cielo aperto.
Recipiente per estrarre la sabbia ( caddro )
La sabbia ed il materiale di scarto ottenuto dal lavoro nella "perriera" veniva tirato fuori con questi grossi recipienti dai pozzi di estrazione servendosi del verricello.
Verricello a bandiera
La macchina serviva per estrarre dai pozzi e dalle cave a cielo aperto i conci di tufo ed il materiale di scarto. Si utilizzava anche per far scendere e salire, ceme se fossero veri e propri ascensori, i cavatori, detti "cantunara" o "pirriaturi", con esisto spesso mortale. Un motore elettrico conferisce il movimento, attraverso una trasmissione a cinghia ed un sistema riduttore, ad un rocchetto su cui si avvolge un cavo d'acciaio. Sul moto di lavoro, l'operatore, agisce grazie a due freni a ganasce in grado di arrestare per attrito il moto del rocchetto. Fu bandito dalle cave negli anni '70 proprio in ragione della sua pericolosità.
Sega per tufo a disco verticale ( trincatrice )
La macchina serviva per eseguire il taglio della roccia tufacea, prima deferito all'utilizzo delle "mannare". Tracciando dei solchi paralleli si definiva la dimensione dei blocchi di tufo da estirpare successivamente.
Estirpatrice a disco orizzontale ( ascippatrice)
La macchina, costruita a Marsala dalla ditta Marino-Passalacqua, serviva per estirpare i blocchi di tufo già tagliati dalla "trincatrice", staccando i conci dalla roccia sottostante. Un motore elettrico conferisce il movimento ad un albero orizzontale e successivamente trasmesso, con un accoppiamento conico ad assi convergenti, ad un albero verticale direttamente connesso all'utensile di taglio. Il moto d'avanzamento in profondità vinene assicurato direttamente dall'operatore che sposta la macchina su due binari cilindrici alloggiati sulla slitta. L'estirpatrice è in uso ancor oggi nelle verisoni più aggiornate.
Sega per tufo a due dischi verticali ( trincatrice )
La macchina serviva per realizzare il taglio della roccia tufacea prima deferito all'utilizzo delle "mannare". Tracciando dei solchi paralleli di definiva la dimensione dei blocchi di tufo da estirpare successivamente. Un motore elettrico conferisce il movimento, attraverso un sistema di trasmissione a catena, alle due ruote utensili poste parallelamente l'una all'altra, nella parte frontale della macchina. Il moto di taglio in avanzamento veniva ottenuto con un volantino che faceva avanzare la macchina su binari normali alla roccia da tagliare, e dopo, attraverso un movimento basculante, attorno ad un perno folle posto al centro della macchina.
Gancio per spostare i binari
Funziona come una leva che esercita una forza sul binario un modo da rendere più agevole la sua traslazione su pavimento roccioso che deve essere tagliato con tracce parallele dalla macchina trincatrice.
Carretto
Mezzo adibito ad ogni tipo di trasporto, fu utilizzato anche per i conci di tufo, diventando una vera e propria unità di misura: un carretto di "cantuna" equivale a 15 tufi.
Sega per tufo ( sirrune)
Serviva per tagliare il tufo fuori dalle cave. Veniva però utilizzato soprattutto dai muratori, prima della diffusione delle seghe a motore, per ottenere conci della misura desiderata.
Sega circolare monodisco per fare "timpagnoli"
La macchina utilizzata per realizzare tagli commerciali del tufo quali i "timpagnoli". L'utensile di taglio, ancorato a terra dal suo basamento, è provvisto solo del moto di taglio ad esso fornito da un motore elettrico e da un sistema di trasmissione del moto a pulegge ed a cinghie. Un carrello, sul quale sono disposti i tufi da tagliare, viene fatto scorrere da un operatore lungo il piano di taglio realizando così la sezione del tufo desiderata. Il carrello scorre su appositi binari. Si usa ancora oggi nelle versioni aggiornate.
Conci di tufo ( Cantuna)
Tagliato in varie misure a secondo del periodo, il "cantune" è stato utilizzato non solo nella nostra zona, ma anche in gran parte della Sicilia.
Le misure più diffuse anticamente erano le seguenti:
Buzzune - cm 60x30x25 ( cantune di misura)
Chiappa - cm 50x30x25 (cantune di Palermo)
Chiappa di 40 - cm 50x40x25
Chiappa di 37 - cm 50x37x25
Bolognino - cm 50x25x25
Lasagna - cm 50x20x25 .
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